Onboarding: intanto cosa significa?
In generale onboarding rappresenta il processo successivo all’assunzione di un nuovo collaboratore, cioè quello relativo all’inserimento a all’inclusione nel suo nuovo contesto aziendale.
Onboarding in azienda significa sostanzialmente entrare in almeno un Team oppure in un dipartimento specifico, e quindi lavorare con altre persone in un contesto già esistente, in una cultura che ancora non si conosce, fatta di regole esplicite ed implicite.
Ma spesso l’onboarding è molto utile anche quando un collaboratore viene spostato o aggiunto in un reparto o in un diverso team.
Anche se lavorerà con persone che sono già colleghi, ogni team ha la propria cultura, le proprie norme e il proprio modus operandi, che dovranno essere assimilati dal nuovo membro per potersi integrare e diventare un membro attivo riconosciuto a tutti gli effetti.
In questo articolo andremo ad analizzare il processo di onboarding in un team, le varie fasi di evoluzione dell’inclusione (o meno) del nuovo membro nel team e le azioni che il nuovo arrivato ma anche il resto del team possono mettere in atto per attuare un processo di onboarding funzionale ed efficiente.
Onboarding: la genesi
Cosa accade quando una nuova persona entra in un team già esistente?
Ti è mai capitato di vivere questa situazione? Forse si..
Quali dinamiche relazionali si innescano tra il nuovo membro ed il team?
Dobbiamo innanzitutto osservare che è una relazione dove entrambi gli attori (persona e team) hanno un ruolo attivo nel processo di onboarding.
Il nuovo membro è portatore di propri obiettivi, aspettative, interessi e bisogni, rappresentazioni rispetto alla visione di se stesso a del suo ruolo nel team.
Alle stesso modo il Team ha i propri obiettivi, interessi e bisogni, aspettative e rappresentazioni rispetto all’inserimento della persona nel team.
Lo scontro / incontro di questi due livelli produce un processo di influenza reciproca, che porterà all’assimilazione nel gruppo oppure all’ uscita dal team.
I Team sono sistemi relazioni complessi e, ogni qual volta un nuovo elemento viene introdotto nel sistema, porterà ad una prima fase di disequilibrio interno. Per poi passare a fasi successive di accomodamento e infine fasi di integrazione (o espulsione) per ritrovare un nuovo equilibrio interno.
Possiamo notare infatti Team con un alto turno over, cioè un frequente ricambio dei membri. E invece altri team, spesso ambiti, dove il turno over è molto basso.
Questo effetto “turn over” nel team è spesso causato dalla valutazione negativa del membro rispetto al livello di soddisfazione dei propri bisogni e obiettivi nel contesto di gruppo.
Nei gruppi a basso turno over, i membri valutano che, nel contesto del team, possono trovare la soddisfazione dei propri obiettivi più importanti, i propri valori e bisogni. E questo farà aumentare nei membri l’engagement, saranno più propensi ad assimilare la cultura e le norme del team, sentiranno un senso di appartenenza al gruppo, un elevato impegno e motivazione.
Questi team spesso utilizzano un processo di onboarding davvero efficace.
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Onboarding: le fasi
Già negli anni 80, due studiosi di nome Levine e Moreland, osservarono come un processo di onboarding fosse un processo di socializzazione, dove entrambi gli attori sono parte attiva del processo.
Il nuovo arrivato non potrà solo assimilare passivamente la cultura del team, ma dovrà interagire con il gruppo, portando cosi cambiamento e quindi innescando un processo di adattamento nella relazione. Lo stesso vale per il team.
Gli autori definiscono quindi in questo contesto 5 fasi evolutive
Onboarding fase 1: Indagine
Questa prima fase è composta dalla valutazione dei vantaggi e svantaggi nel diventare membro del team per la persona, e vantaggi e svantaggi nell’accogliere il nuovo membro per il team.
Qui penso sia davvero utile un livello di comunicazione trasparente e onesta tra il team ed il nuovo arrivato, per condividere obiettivi, valori e aspettative sul futuro.
Onboarding del team fase 2: Socializzazione
Qui c’è il processo di assimilazione della cultura e delle norme del team da arte del nuovo membro.
Lato Team, c’è un processo di accomodamento rispetto alle aspettative, obiettivi e bisogni del nuovo membro.
Secondo me, in questa fase è necessario un frequente scambio di feedback e feedforwords efficace, al fine di accelerare i due processi.
Onboarding del team fase 3: Mantenimento
In questa fase il nuovo membro è perfettamente integrato e lavora attivamente per il team.
Il team ha trovato un nuovo equilibrio.
Ma dobbiamo ricordarci che il team è un sistema complesso e quindi per sua natura dinamico, in continua evoluzione. All’interno del team, nel tempo, ci saranno comunque continue negoziazioni tra membri e team rispetto alla relative soddisfazioni. E questo possiamo considerarlo un motore per l’evoluzione delle persone e del team stesso.
Può anche accadere che gli obiettivi e bisogni di un membro e quelli del team diventino incoerenti e divergenti tra loro. In questo caso potremo osservare una riduzione costante di impegno e motivazione di entrambi sino all’uscita della persona dal gruppo o azienda.
Onboarding del team fase 4: Risocializzazione
E’ una fase che si ha quando un membro, uscito dal team per i motivi sopra descritti, rientra nel team.
In questo caso la persona valuta positivamente delle nuove condizioni che si ripresentano per soddisfare i propri bisogni nel contesto di team.
Si impegnerà quindi nel nuovo processo della fase 2 di socializzazione.
Onboarding del team fase 5: Ricordo
Questa fase è presente quando la persona uscita dal gruppo non rientra più. Qui c’è, per il team e la persona, un processo di bilancio dell’esperienza e del contributo che ognuno ha portato per il raggiungimento dei propri obiettivi.
Onboarding attivo
La fase di socializzazione è forse la fase più importante e sicuramente del processo, dove la persona si trova a mettere in discussione e ripensare alla proprie aspettative, per raggiungere una piena integrazione nel gruppo.
In questo processo la persona ha un ruolo relazione attivo ma anche una serie compiti da eseguire. Ad esempio acquisire informazioni e conoscenze relative al lavoro, la collocazione del team e di se stesso nell’organizzazione, modalità e aspettative del proprio ruolo, conoscere i propri colleghi, imparare le norme e le abitudini comportamentali per il raggiungimento di obiettivi.
Per gestire questa situazione la persona può adottare un comportamento proattivo seguendo questi semplici esempi:
- CHIEDERE ai colleghi le informazioni circa il ruolo, mansioni, campiti e relazioni.
- CHIEDERE feedback continuamente sul proprio comportamento
- ASCOLTARE attivamente bisogni, aspettative, abitudini, valori, consigli, linguaggio e riflessioni dei colleghi
- RIFLETTERE sulla nuove prospettive e aspettative legate alla nuova definizione di se come membro del team
Questa modalità permetterà alla persona di cambiare, ma al tempo stesso di valutare in modo consapevole se diventare o meno un membro del team, e le relative conseguenze per entrambi.
Anche il Team adotterà delle proprie strategie e azioni volte a facilitare e velocizzare l’assimilazione della persona come membro nel team a pieno titolo.
Tra le azione più importanti che spesso i team adottano sono:
- Tutorship: affiancamento di un collega più esperto
- Rafforzare la relazione tra il nuovo arrivato e gli altri membri
- Offrire momenti di confronto con il leader e/o altri colleghi
- Frequenti riunioni per la condivisione di norme e modalità di lavoro del team
Conclusione
Forse qualcuno poteva pensare che il processo di onboarding fosse mono direzionale. Che forse la responsabilità del successo o fallimento del processo fosse solo dell’organizzazione aziendale.
Abbiamo imparato che è invece una relazione tra due attori, entrambi protagonisti attivi del processo di onboarding.
Come poter semplificare, rendere più efficace l’onboarding di un nuovo membro del team?
Ora hai un punto di vista diverso, con cui potresti estrapolare nuove informazioni dal tuo contesto di team 🙂
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