Lavoro ibrido: come metterlo in pratica

Lavoro ibrido, smart working: sono le nuove modalità di lavoro che una larga fetta di popolazione italiana (e non solo) ha sperimentato durante la pandemia. E queste forme di lavoro, piaccia o meno, sono quelle che continueranno a rimanere tra noi anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

Se non altro perché esiste una corposa maggioranza di persone (secondo AIDP, circa il 58%) che si rifiuterebbe di accettare o continuare un incarico, se non vi fosse la possibilità di eseguirlo da remoto.

Questo non stupisce: chi ha provato la flessibilità dello smart working e tutti i vantaggi che esso comporta, difficilmente torna indietro. (Anche) Per questo sarebbe opportuno che le aziende prevedessero la possibilità di lavorare da remoto almeno in versione ibrida.

Cos’è il lavoro ibrido e quali sono i benefici

Il lavoro ibrido (o hybrid working) è una modalità di lavoro flessibile, grazie alla quale una persona può lavorare una parte della settimana lontana dall’ufficio e una parte in sede aziendale.

Il lavoro ibrido permetterebbe in molti casi di risolvere alcune problematiche che lo smart working porta con sé:

  • tecnostress, ossia lo stress causato dall’uso prolungato di strumenti informatici;
  • over working – per dirla breve: la campanella d’uscita, per alcune persone, ha smesso di suonare;
  • comunicazione e collaborazione scarse, in particolare per alcuni settori e soprattutto in quegli ambienti dove la fiducia rappresenta un punto debole dell’organizzazione.

Inoltre:

  • coniuga i benefici dello smart working (flessibilità e benessere delle persone in primis) con i vantaggi dell’ufficio (interazione più semplice e immediata);
  • riduce del 35% i tassi di abbandono dell’azienda (stando a uno studio dell’Università di Stanford);
  • aumenta la produttività dell’8% (sempre secondo Stanford).

Un libro consigliato

Come gestire il lavoro ibrido

Transitare da una modalità di lavoro a un’altra presenta delle difficoltà – e lo abbiamo visto con la pandemia. Difficoltà che spesso sono legate a questioni materiali. Ma queste non sono le uniche e, a mio avviso, nemmeno le più importanti.

In un recente articolo dell’Atlantic, l’autore, Ian Bogost, fa notare che le aziende che hanno deciso di richiamare le persone non l’hanno fatto per ragioni di produttività, ma per riaffermare il valore universale dell’Ufficio. Questo perché l’Ufficio è una struttura che preserva una specifica cultura e un determinato stile di vita.

Bogost ha ragione perché passare da un lavoro completamente in presenza a uno ibrido (o completamente da remoto) è una sfida, non tecnica, ma adattiva: si tratta di cambiare la mentalità, la cultura di un’azienda (o di un team) e la modalità di organizzazione del lavoro proprio e di quello degli altri.

E come si affrontano le sfide adattive? Anzitutto, cominciando a porsi le giuste domande. Non chiederti quale nuova app usare o quale corso di formazione far frequentare, piuttosto prova a chiederti:

  • è davvero necessario che il team sia presente ogni giorno?
  • E quando dovrebbe essere in azienda?
  • Per quanti giorni dovremmo lavorare fianco a fianco?
  • E per quali progetti?

Non credere, però, che qualcuno possa darti una soluzione precisa: non esistono regole universali; le preferenze dei dipendenti e l’adeguatezza degli orari di lavoro ibridi variano a seconda dell’organizzazione, del team, del ruolo e dell’individuo.

Ti do solo due indicazioni che potrebbero esserti utili:

  • valuta l’interdipendenza del team: più i membri del team sono dipendenti gli uni con gli altri, più sarà necessaria la presenza e una comunicazione maggiore e più precisa sull’organizzazione di orari e giorni specifici;
  • valuta l’introduzione di un middle manager che abbia il compito di sincronizzare il lavoro ibrido, affinché individui quali attività fare in presenza, quali da remoto e assicuri che i nuovi arrivati siano in ufficio insieme a chi può fare loro da mentore.

Come rendere il lavoro ibrido più efficace e produttivo

Secondo una ricerca di Gallup, il lavoro ibrido dovrebbe garantire tre cose:

  • Produttività. Aumentare la produttività significa modellare delle strategie ibride che siano funzionali al team, valutando quali attività svolgere in sede e quali da remoto, in modo da portare a termine il lavoro nel migliore dei modi;
  • Flessibilità. Non esiste un’unica possibilità di lavoro ibrido: orari e giorni in presenza o da remoto andrebbero tagliati su misura dell’individuo, in modo da permettergli di lavorare con maggior impegno ed efficacia, sia da remoto sia in presenza;
  • Connettività. Il lavoro ibrido permette alle persone di isolarsi di meno, rispetto allo smart working. Ma non è detto che sia sufficiente andare al lavoro per qualche giorno a settimana per evitare di allontanarsi dai colleghi. Per questo sarebbe opportuno fare in modo che i membri del team che lavorano in ufficio si comportino come se tutti lavorassero da remoto, in modo da far sentire maggiormente incluso anche chi lavora a distanza.

L’ibrido è una valida via di mezzo

La diatriba smart working sì-smart working no è dovuta al fatto che molto spesso ci si perde tra due opzioni: o tutti in smart working o tutti in ufficio.

Quando ci si trova davanti a due opzioni rigide, è utile fare un cambio di congiunzione: non più smart working o ufficio, piuttosto smart working e ufficio.

Perché raramente è tutto o bianco o nero, ma esistono delle sfumature in mezzo che, spesso, vale la pena valutare. Quindi, non limitarti a due visioni, ma amplia il tuo orizzonte.

Il lavoro ibrido, nei team o nelle imprese dove ci sia una divergenza di vedute, può essere una valida soluzione – se gestito in modo corretto.

Se hai bisogno di una mano nella riorganizzazione del lavoro, dai un’occhiata al mio percorso di organizzazione aziendale, A.R.D.I.T.O., oppure fissa una call gratuita.

Cosa posso fare per te?

Percorsi di Coaching e formazione in Azienda
Workshop in Gruppo Be one Lab

Cosa posso fare per te?

Percorsi di Coaching e formazione in Azienda
Workshop in Gruppo Be one Lab